«…E così il grande spirito di Cavallo Piumato da allora cavalca per ogni prateria e valle di montagna come questa. Appare maestoso e agghiacciante sul suo destriero d’argento grondante sangue, innalzando grida selvagge di monito a chiunque riesca a vederlo.»
Terminò la voce dolce di Federica, giovane capo scout, dalle trecce biondissime e dagli occhi azzurri incantati nella visione di Cavallo Piumato che lei stessa aveva creato, compiaciuta della paura che aveva fatto nascere negli occhi del suo gruppo di ascoltatori.
Attorno al fuoco dodici boy scout, dopo aver voluto a colpi di grida e schiamazzi la storia spaventosa, desideravano tacitamente il tepore dell’abbraccio di mamma e perfino la voce del papà che chiedeva com’era andata a scuola, mentre assieme preparavano la tavola per la cena.
Isabella, la più piccola del gruppo, di soli otto anni, pregava che qualcuno le togliesse di dosso l’impressione suscitata da quella oscura storia di indiani innocenti trucidati e anime in pena vaganti nel buio della notte. All’inizio anche a lei era sembrata così eccitante! La magia, lo sciamano, gli incantesimi… ma la fine di quel povero Cavallo Piumato!
Il gruppo rimaneva in silenzio nella nebbiolina impalpabile percorsa da un presagio sottile di sventura mentre la battaglia ancora sembrava tuonare in lontananza. Nessuno aveva il coraggio di infrangere la magia del silenzio sospeso dopo la le parole di Federica e alla fine fu lei stessa che lo ruppe e lo disperse con una risata allegra e argentina che fece indietreggiare il timore e fece di nuovo sorridere tutti i bambini raccolti in circolo.
«Coraggio! E’ ora di sistemare il fuoco per la notte e di mettersi in branda!» sollecitò Massimo che poi si alzò, seguito dagli altri altri.
Radunarono ordinatamente le braci entro il cerchio di sassi e le compattarono per sicurezza. Raccolsero le giacche a vento, i maglioni e gli zaini utilizzati durante la giornata per l’escursione nel bosco e si avviarono alle tende.
Isabella, così piccola e gracile, sentì ritornare forte la paura, ma si consolò pensando che in fondo dormiva nella tenda grande con il sacco a pelo di fianco a quello di Federica. La bimba era sicura che Federica avrebbe saputo cosa fare se si fosse presentato Cavallo Piumato, visto che lo conosceva così bene.
Isabella conosceva bene Federica, che spesso le faceva da baby sitter. Si lasciò quindi prendere per mano e accompagnare nella tenda. Federica l’aiutò a spogliarsi e a mettere il pigiamino rosa con il colletto di pizzo che Tata Maria aveva voluto a tutti i costi infilarle nello zaino perché le ‘signorine devono essere sempre adeguatamente abbigliate’ aveva detto come giustificazione.
Un po’ rassicurata, ma ancora un po’ a disagio s’infilò nel sacco a pelo.
«Buonanotte Isabella,» le augurò Federica passandole una mano tra i capelli per liberarle la faccia e per farle una carezza “dormi tranquilla, qui di fianco ci sono io.”
«Notte Federica.» rispose riconoscente la piccola che chiuse gli occhi, si girò a pancia in giù e si sistemò il più comodamente possibile.
Pochi attimi più tardi il suo respiro si fece ritmico, regolare e profondo.
Federica aspettava con impazienza che Isabella s’addormentasse profondamente , non vedeva l’ora di incontrarsi con il suo Massimo, sotto le stelle.
Era impegnativo dover scorrazzare nei boschi i ragazzini degli altri, anche se questa volta erano tutti piuttosto educati e obbedienti. Poi, a parte Isabella, erano anche tutti abbastanza grandi da sapersi almeno lavare e vestire senza aiuto.
Federica per sicurezza rimase seduta su bordo del suo sacco a pelo ancora per cinque minuti, pensando alla gioia che provava ogni volta che stava vicina a Massimo. Poi si accostò a Isabella e si accertò che, in effetti, dormisse tranquilla, con la bocca un po’ aperta e le palpebre che pulsavano per i sogni.
Sorrise, le faceva tenerezza quella bimba, figlia di una modella bellissima, Antigues di appena vent’anni, che non l’aveva mai voluta e che non vedeva l’ora di mollarla, come un pacco senza valore, in qualunque posto purché distante da lei.
Federica conosceva bene tutta la famiglia che il padre della piccola, il Sig. Mario, si era creata in precedenza e che aveva abbandonato senza un ripensamento, appena conosciuta Antigues.
Era la migliore amica di Anita, la figlia maggiore di Mario. Anita ancora odiava il padre, per la sua scelta. La signora Daria poi, la moglie di Mario e madre di Anita, era la migliore amica della mamma di Federica, e il fratello di Federica, Filippo, il miglio amico di Giovanni, fratello di Anita. Che complicazione era stata tutta quella faccenda!
Federica e i suoi, involontariamente, avevano assistito a svariate scenate durante la separazione e il divorzio della coppia. E anche a parecchie di quelle scenate di gelosia così offensive, condite di crudeli critiche rivolte alla nuova compagna del Sig. Mario.
Avevano accusato Antigues addirittura di stregoneria, perché il Sig. Mario, appena incontrata la ragazza nella sua azienda mentre indossava i capi per il servizio fotografico, se n’era pazzamente innamorato. Aveva mollato la famiglie ed era andato a vivere con lei, promettendole mari e monti e una carriera folgorante.
Invece subito era nata Isabella. Lasciando tutti senza fiato e senza parole, soprattutto il Sig. Mario e Antigues stessa. Però non aveva ceduto alla volontà ‘ragionevole’ del padre di togliersi il pensiero con un aborto, primo perché si riteneva cattolica e poi perché un figlio è sempre un buon mezzo per arrivare alla carta di credito del padre.
Questo scricciolo innocente vagamente bruttino e inquietante, che mangiava solo e sempre carote, era stato odiato da tutti: dal padre, che non voleva un altro moccioso alla sua età, da Antigues, che aveva quasi perso la testa per mantenere la sua formidabile linea e dai figli del primo matrimonio, che la vedevano come l’incarnazione stessa del tradimento.
Triste storia tutto sommato.
Isabella sembrava aver capito presto che la la madre non ci sarebbe mai stata e che doveva prendere l’affetto dove capitava. Come un cucciolo atterrato in una famiglia ostile, a volte si accoccolava tra le braccia di Tata Maria, che la cullava, e un attimo dopo scappava a giocare a tirare le pietre contro gli alberi del giardino. O si avvinghiava al collo del padre per un lunghissimo momento e poi correva in cucina a rincorrere il figlio della vicina brandendo un mestolo. Era brava a rubare gli attimi e sembrava brava anche a farseli bastare.
Federica, che aveva la fiducia del padre Mario, aveva accettato per pietà di farle spesso da baby sitter e la conosceva forse meglio di tutti.
Le fece una carezza sulla fronte di bimba solitaria, triste, insicura, sempre preoccupata e che non osava mai dire nulla a nessuno.
Le disse sottovoce, per provare se realmente fosse addormentata: «Piccola Isabella, mi fai proprio pena e vorrei darti tutta la forza del mondo e vorrei poterti insegnare come si può amare una figlia e vorrei che tu crescessi con la consapevolezza d’essere amata totalmente, come è capitato a me, grazie ai miei genitori.»
Rassicurata dalla certezza che la piccola dormisse, scivolò fuori dalla tenta, dimenticandosi subito di lei per correre ad abbracciare il suo amore.
Isabella sentì uno strano odore nell’aria. Un odore dolciastro e sgradevole.
Aprì di poco gli occhi, come faceva sempre, per dare una sbirciatina alla giornata e non farla entrare tutta in una volta nella sua vita. S’accorse che non era giorno. Ancora il silenzio e la notte avvolgevano il mondo. Si spaventò e rimase ferma. Forse se faceva finta di dormire, tutto si sarebbe dissolto.
Invece, continuò a sentire lo strano odore nauseabondo e dolciastro e un respirare forte e stentato.
Aprì ancora un poco gli occhi e si trovò di fronte la terribile visione di Cavallo Piumato e della testa d’argento del suo destriero, grondanti sangue, che la osservavano attentamente. Cavallo Piumato nel suo modo strano le sussurrò: «Meno male che ti sei svegliata! Non potevamo fare troppo rumore! Per poco svegliavamo tutto il campo!»
Isabella inchiodata dal terrore con gli occhi sgranati non aveva neppure in coraggio di respirare. Voltò lo sguardo in fretta, ma il sacco a pelo di Federica era vuoto.
Cavallo Piumato continuò: «Vieni con noi, non avere para! Dobbiamo mostrarti come si vive con l’amore dei genitori, dobbiamo farti capire come si sta quando si è amati! Così ha detto Federica. Vieni con noi, tranquilla! E imparerai quanto tutti noi ti vogliamo bene!»
Isabella non fece scene, se loro potevano amare lei, lei avrebbe amato loro. Si drizzò in piedi sul sacco a pelo, si sistemò il pigiamino rosa, raccolse dalla scatolina di plastica di fianco al letto una carota pelata e lavata e se la mise in bocca.
S’issò tra il dorso del cavallo e il buco nel petto di Cavallo Piumato, non fece più caso al sangue e al cattivo odore. S’accoccolò per bene e comodamente finché sentì un caldo abbraccio e si lasciò trasportare.