Hemsby. 22 novembre 1846
Buongiorno Caro,
sto meglio, sto molto meglio! Non mi hanno più legata e mi permettono di scriverti tutti i giorni. Penso starei ancor meglio se tu avessi già mandato James a prendermi e mi avessi già fatto riaccompagnare nella nostra bella casa calda.
Quanto mi manca il giardino d’inverno!
Qui piove sempre, tutti i giorni. L’inverno è orribile. E freddo.
Il vento fischia forte e mi riempie d’inquietudine.
Le nuvole sono basse e avvolgono la casa come nebbia fitta e umida.
Non ci fanno uscire spesso, il giardino è sempre gonfio d’acqua e non abbiamo scarpe adatte.
Perché non mi hai fatto avere gli abiti e le altre cose che ti ho già chiesto nelle altre lettere?
Mi fanno mettere questa veste di lana grigia così ruvida e triste! Mi punge e fa male alla mia pelle delicata. Ti ricordi l’abito rosso cupo di velluto rasato? O quello in mussola di lana con le violette e la crinolina larga? Lo so che son cose da donne e tu sei occupato ma, ti prego, fammeli avere!
Una tela rozza come questa che indosso, non l’avrei fatta mettere neppure alla sguattera, lo sai.
Perché non mi rispondi?
Ti prometto, ti prometto con tutto il cuore che non starò più male e che, qualunque cosa io abbia fatto, non la rifarò mai più.
Marito mio caro, lo so che ti devo tutto. La mia stessa vita. Perché tu sei sempre così buono con me! Perché non hai esitato a fare di me, così povera, la tua sposa. Una bambinella ero e tu mi hai educato così bene!
So che hai tante cose importanti da fare e che non dovrei tediarti con le mie lamentele.
Purtroppo non ricordo proprio se sei stato tu a mettermi qui e non ne ricordo neppure la ragione.
So che sono stata malata e penso tu sia preoccupato, ma il dottore ha detto che prima o poi ricorderò. Quindi tra poco sarò completamente guarita e non devi avere pensiero.
Non ho nemmeno più rifatto quel disgustoso e terribile sogno. Sai, quello dove ti avevo visto disteso a terra con un coltello nel cuore e gridavo e gridavo e sentivo le mani appiccicose, sporche del tuo sangue, e avevo dolori in tutto il corpo. Mi è sembrato così vero che non l’ho mai raccontato a nessuno, nemmeno al dottore.
Ti prego di mandare al più presto James.
Non importa se non vuoi disturbarti ad avvisarmi. Sarò pronta in un attimo, salirò sulla nostra carrozza e tornerò a casa!
E saremo ancora assieme, come al solito.
Non mi opporrò a nessun tuo volere. Qualunque cosa tu vorrai, io la farò.
Ti lascerò fare tutto, ogni cosa. Anche se per te così piacevole e per me talmente dolorosa che dovevo piangere di nascosto.
Ti prego, caro.
Non ho uno specchio, non ho un pettine. La mattina passa un’infermiera e mi pettina i capelli in una stretta treccia. Mi fa male, non è brava come Catherine!
È molto sciocca, sempre di cattivo umore e mi risponde male.
Ieri le ho detto che fra poco me ne andrò da qui, che tu mi farai venire a prendere perché ormai sono guarita e che presto ricorderò tutto!
Lei mi ha risposto che, se mai dovessi ricordare, non ne sarei per niente contenta.
Irrispettosa, proprio. Ma tu non sei qui a licenziarla per la sua arroganza.
Se non hai tempo per rispondermi, mandami Serge con un messaggio e gli abiti per cambiarmi e io aspetterò, ma ti prego dammi tue notizie. Non farmi rimanere in questo stato ancora a lungo.
Sempre tua Lilly