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casunziei

Pubblicato in Parole di Pane, Vicopisano, 2013- Farnesi Editore, pagg. 101-102


Domenica. 
La nonna si svegliò preoccupata per i nipoti da sfamare che la Grande Guerra le aveva assegnato.
D’inverno mendicava. Anzi, no! Non mendicava, no!Faceva la questua. Bussava e chiedeva.
Quella mattina fece un giro lungo.
I ‘signori’ avevano aperto le case, in paese. Si dedicavano al nuovo sport: lo sci.
Nelle loro cucine poteva trovare qualcosa di speciale per il pranzo della domenica.
Al suo rientro vide che i bimbi si erano alzati e giocavano sulla neve davanti alla baita, ridendo spensierati.
Mise sul tavolo ciò che aveva: un uovo, un po’ di farina bianca e un po’ di farina di grano duro, quattro rape rosse avute dalla cameriera di una signora di Treviso.
Dalla dispensa prese le patate e un pezzo di pane secco.
Pensò di stendere una pasta sottile e di riempirla con le rape e le patate cotte sotto la cenere del larin. Rimestò le braci, creò un mucchio di cenere dove mise le patate e le rape.
Impastò le farine con l’acqua, l’uovo e un pizzico di sale.
Lavorò attenta a non sprecare nulla e lasciò l’impasto a riposo.
Chiamò i bambi, li asciugò e li vestì con l’abito da festa. Li accompagnò a messa.
Rientrarono affamati. La nonna agganciò il paiolo, sbucciò rape e patate, riempì piccoli cerchi di pasta. In breve ebbe tanti tortelli che tuffò a manciate nell’acqua bollente. Li condì con un prezioso pezzo di burro, fatto da lei con la scrematura del latte che otteneva dalla vicina in cambio di rammendi e ricami.
La stanza era calda, inondata di sole e di voci allegre.
Fece sedere i bimbi composti e distribuì tortelli e sorrisi.
Recitò la preghiera e chiuse con il rituale: «E prea par nos ca, che son in sie.»
Il più piccolo, Tobia, a bocca piena, alzò la manina sventolando un tortello.
Provò a ripetere le ultime parole della nonna. Gli uscì un: «Casunziei!»

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