Ci sono periodi che mi sento maltrattato dalla vita, come un turista sperduto e spaesato nella folla che assiste al palio di Siena o all’Encierro durante la Fiesta di San Firmino.
Sono sospinto avanti o all’indietro. Verso il lato destro o quello sinistro. Spaventato. Inconsapevole. Senza poter opporre resistenza. Travolto. Intontito.
M’alzo alla mattina e comincio a fare cose, girare per posti, fare cose, girare per posti, fare cose…
Le mie azioni sembrano solo reazioni istintive tese a parare colpi che arrivano di sorpresa.
Il destino mi sorprende e io paro. Senza razionalizzare. Senza una reale efficacia.
Paro colpi.
Senza analizzare.
Mantenendo tutto in apparenza stabile per apparire normale, che è il fondamentale…
La vita, di solito, mi prende in contropiede d’estate. La stagione che odio.
Quest’estate ho perduto tutta la mia famiglia. In un evento solo, in un attimo.
Un attimo prima avevo una famiglia, un attimo dopo rimaneva solamente un buco nero, vuoto, senza possibilità di rimediare.
Più nulla da riempire.
Poi ho perso il lavoro.
Andato, liquefatto. Perso, per la peggiore delle motivazioni e per il più spregevole degli inganni.
Ho vagato in apnea per un giorno o per un mese, o per due o per tre…
Il terrore lavorava da dentro e sottraeva linfa, forza, energia, domani.
Non li toglieva abbastanza in fretta, però, e allora lui ha avuto un infarto.
Per un filo sottilissimo di purissima seta rossa luccicante ho creduto di perdere il senno.
Ma sarebbe stato troppo semplice, perdere il senno, dico.
Così diventai un’immagine. Un’immagine che girava di qua e di là e che si perdeva in tutte le strade che faceva ogni giorno. Che le scordava perché non c’era lui a ricordarle dove portavano.
E persi ancora. Persi la salute, la capacità di muovermi.
Nell’attimo più importante, nell’unico momento in cui sarebbe stato importante io ci fossi, son caduto.
Son diventato inutile. Rotta marionetta incapace di burlarsi della vita.
Giorni? Mesi? Pensieri?
Nella testa una sola grande confusione e nel cuore un solo grande dolore.
Vado avanti guardando avanti. Tappando ogni buco, pur microscopico, per tenere dentro l’acqua, la sopravvivenza, la volontà e il resto di oggi.
Trattengo con forza, aspetto.
Perché sento arrivare l’autunno.
Troverò risposte e nuove domande.
Trattengo. Non respiro. La vita mi passa a fianco. Senza vedermi, oggi.
Posso permettermi di pensare: tutto andrà bene. Avanti così, che tutto andrà bene.