Per molti anni continuai a sostenere ch’ero capace di ricordare cose viste all’epoca della mia nascita. Da principio, ogni volta che lo dicevo, i grandi si mettevano a ridere, ma poi, sospettando la velleità di raggirarli, guardavano con astio la faccia pallida di quel fanciullino senza fanciullezza. Di quando in quando mi capitava di dirlo in presenza di visitatori che non erano intimi amici di famiglia; allora la mia nonna, per paura che mi giudicassero un idiota, mi dava seccamente sulla voce ordinandomi di andar a giocare altrove.
Yukio Mishima
Confessioni di una maschera
Yukio Mishima ha scritto, credo, una biografia. Una anonima biografia perché il personaggio principale del libro non ha nome. Confessa, nel profondo intimo e segreto all’interno della maschera, la sua lenta maturazione di anima omosessuale, con gli incubi e le visioni di morte causati dal prendere coscienza della propria diversità. Mentre l’esterno di quello stesso diaframma, è in continuo e sfibrante confronto con una cultura dalle norme sociali e comportamentali ben più che rigide e che il protagonista si sforza di rispettare. L’uomo cerca gli altri esseri umani per comprendere quanto è eguale a loro eppure quanto ne è distante. Unici e irripetibili, ma inter pares. Fu il primo dei suoi libri a portarlo alla notorietà anche nel mondo occidentale e ovviamente rimane nella memoria collettiva per il suo suicidio rituale, sekkupu, il 25 novembre del 1970. Amore e thanatos.
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