Intorno alla fossa, nel cimitero in rovina, c’erano alcuni dei suoi ex colleghi pubblicitari di New York che si ricordavano la sua energia e la sua originalità e che dissero alla figlia, Nancy, che era stato un piacere lavorare con lui.
C’erano anche delle persone venute su in macchina da Starfish Beach, il villaggio residenziale di pensionati sulla costa del New Jersey dove si era trasferito dal Giorno del Ringraziamento del 2001: gli anziani ai quali fino a poco tempo prima aveva dato lezioni di pittura. E c’erano i due figli maschi delle sue turbolente prime nozze, Randy e Lonny, uomini di mezz’età molto mammoni che di conseguenza sapevano di lui poche cose encomiabili e molte sgradevoli, e che erano presenti per dovere e nulla più.
Incipit di Everyman
Philip Roth
Roth pubblica in Italia questo testo nel 2007. Everyman, in italiano l’uomo comune, è il titolo di una rappresentazione del quattrocento anonima, un testo classico della letteratura inglese che tratta della morte e della sua inevitabilità per tutti. La storia raccontata da Roth analizza il suo Everyman mentre per tutta la vita osserva i segnali dell’avvicinarsi della morte in tutti i suoi conoscenti e amici e nel suo stesso corpo. Tre matrimoni falliti, due figli, una figlia, un fratello del quale invidia la prestanza fisica, l’aumentare del proprio disagio fisico. Amo il modo di scrivere di Roth, mi trascina dove vuole lui, mi fa sentire e vedere quello che vuole lui.
Vi piace immedesimarvi in un personaggio fino a riuscire ad identificarvi?