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Sono stata molto coinvolta dal racconto di quest’uomo che ritorna nel passato, attraverso una valigia di ricordi e l’aiuto del figlio maggiore, voce narrante del libro, per ritrovare le proprie origini, addirittura il suo stesso nome.
Scampato, a cinque anni, allo sterminio dei nazisti grazie alla richiesta di un po’ di pane prima di essere ucciso, viene utilizzato dai soldati filonazisti come esempio e arma contro altri ebrei e poi consegnato ad una famiglia di civili.
Mente per tutta la vita. Prima per salvarsi poi per abitudine, finché in vecchiaia esplode la volontà di conoscersi e comprendersi fin dalle radici. Ritorna in Bielorussia ed in Lettonia e alla fine riesce a ricostruire la sua identità e la storia della sua famiglia.
Consigliato a chi ama le autobiografie e a chi vuole scrivere la propria.
A volte, la scrittura è un po’ lenta e sovrabbondante di particolari, ma vale sicuramente la lettura.
Il bambino senza nome‘ di Mark Kurzem.

Mio padre riprese a raccontare: «Finalmente i miei fratelli si addormentarono, e probabilmente mi appisolai anch’io sulla sedia, in cucina. Quando aprii gli occhi, mia madre era seduta di fronte a me, al buio. Era immobile. Potevo vederne solo la figura,, ma sentii che mi stava guardando. Mi chiamò a bassa voce, mi prese in braccio e mi tenne stretto. Ricordo che mi accarezzava i capelli, ricordo le sue dita muoversi dolcemente. E a un certo punto mi disse: “Domani moriremo tutti”».
Papà tacque. Rimase in silenzio un paio di minuti. Poi alzò gli occhi verso di me, ma appariva sconvolto.
«Sai,» disse lentamente «mia madre mi chiamava per nome, è indubbio che lo facesse, ma davvero non riesco a ricordarlo, quel nome. Posso udire ancora la sua voce, il suo modo di parlarmi, ma non riesco a sentire il mio nome.»

Photo: www.focusonisrael.org

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