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Oggi ho ritrovato sotto una pila di libri un po’ vacillante: ‘Il codice perduto di Archimede’ di Reviel Netz e William Noel. La storia affascinante ed intrigante di un libro. La vicenda è storia, nulla d’inventato. Tutto ciò che sappiamo degli autori antichi lo dobbiamo soprattutto agli amanuensi, monaci e non, che hanno ricopiato per secoli il materiale che arrivava alla loro portata. Di Archimede esistono tre testi: il testo A, perduto da un umanista italiano nel 1564; il B che è stato visto per l’ultima volta nella biblioteca del papa nel 1311 a Viterbo e quest’ultimo, il C raccontato in questo libro e acquistato il 29 ottobre 1988 da un privato ad un’asta di Christie’s a New York. Il testo conteneva scritti che non comparivano né nel manoscritto A né nel manoscritto B, ma due inediti di Archimede: ”Il Metodo” e “Lo Stomachion”. Unico problema: le pagine di pergamena erano state cancellate e sovrascritte per 7 volte. Archimede era lì a portata di mano in un volume di preghiere.

Entusiasmante scoprire quali e quante tecniche hanno adottato per estrapolarlo…

Dunque i codici A e B erano stati gettati sulle coste dell’Italia. Ma il codice B non ci rimase a lungo: le sue tracce si perdono nel 1311. Il codice A, d’altro canto, divenne uno dei più ambiti del del Rinascimento italiano. Nel 1450 era nelle mani di papa Nicola V, che incaricò Jacopo da Cremona di tradurlo di nuovo. Nel !492 Lorenzo il Magnifico inviò il Poliziano, filosofo erudito oltre che poeta, alla ricerca di testi che mancavano nella sua biblioteca. Poliziano trovò il codice A nella biblioteca di Giorgio Valla a Venezia e se ne fece fare una copia. Oggi questa copia è conservata in uno dei capolavori architettonici di Michelangelo, La Biblioteca Laurenziana a Firenze.

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