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ladro di anime

Per fortuna era solo un sogno. Non era nuda. E le sue gambe non erano legate a quel lettino ginecologico antidiluviano, mentre il pazzo metteva in ordine gli strumenti su un carrello arrugginito. Poi si voltò e sulle prime non riconobbe cosa teneva nella mano incrostata di sangue. Appena lo vide, volle chiudere gli occhi, ma non ci riuscì.
Non poteva distogliere lo sguardo dal saldatore incandescente che si avvicinava lentamente al suo corpo.
Lo sconosciuto con il viso ustionato le aveva sollevato le palpebre fissandole alle orbite oculari con una sparachiodi ad aria compressa.

Incipit di Il ladro di anime
Sebastian Fitzek

Fitzek in questo suo libro del 2009, riesce ad utilizzare le parole per creare un legame indissolubile tra i soggetti psicologicamente malati e ricoverati nella clinica di lusso, che è la location di tutta la trama, e il lettore che viene convogliato ad immedesimarsi con forza nella visione paranoide dei personaggi del libro. Il linguaggio tecnico della malattia mentale permette la lucidità delle descrizioni della follia non permettendo al lettore di staccarsi dalla lettura di questo testo che lo trascina fino in fondo, in un susseguirsi di visioni lucide e precise evocate dalla forza delle parole.

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