Gettato su questo globo senza forze fisiche né idee innate, incapace di obbedire da solo alle leggi costitutive del suo organismo, che lo destinano al primo posto nel sistema degli esseri, solo in seno alla società l’uomo può trovare il ruolo eminente che gli spetta per natura, e sarebbe, senza civiltà, uno degli animali più deboli e meno intelligenti: verità senza dubbio detta e ridetta, ma che non è stata ancora rigorosamente dimostrata…
Incipit di Il ragazzo selvaggio
Jean Itard
Il libro raccoglie due studi dell’autore, uno del 1801 e l’altro del 1807. Iean Itard, studioso della pedagogia linguistico – cognitiva, ebbe l’opportunità di studiare e di tentare di educare un bambino trovato a vivere da solo nei boschi in Alvernia. L’illuminismo cercava molte risposte, soprattutto sulla natura dell’essere umano e la sua relazione con il linguaggio e la capacità che venga sviluppato in assenza di rapporto con altri uomini, o sull’importanza della vita sociale e il suo rapporto con la felicitò umana. Itard studiando da vicino il ragazzo trovò alcune di queste risposte, ma soprattutto trovò molta resistenza da parte del piccolo. Al bambino mancavano i boschi, voleva tornare alla vita libera. Esattamente quello che capita a tutti noi. Abbiamo nostalgia del posto dove cresciamo e vorremmo proprio essere liberi. Ci riusciamo meglio rispetto al povero Victor sradicato dai boschi?