Un motel abbandonato ai piedi delle colline di San Berdoo. Quando Buzz Meeks arrivò, aveva con sé novantaquattromila dollari, nove chili d’eroina pura, un fucile a pompa calibro 12, una 38 special, una 45 automatica e un coltello a serramanico che aveva comprato da un pachuco alla frontiera, un momento prima di accorgersi dell’auto parcheggiata proprio sulla linea di confine: gli scagnozzi di Mickey Cohen in una macchina senza insegne della polizia di Los Angeles, e lì accanto in piedi un paio di poliziotti di Tijuana, pronti ad alleggerirgli le tasche e a scaraventarlo nel fiume San Ysidro.
Incipit di L. A. Confidential
James Ellroy
Uscì in Italia nel 1991, una grande storia che attraverso molti sottoracconti e narrazioni parallele, molti episodi narrati sono presi dalla cronaca quotidiana degli anni ’50, racconta il degrado e la corruzione della società e della politica collusa con la mafia. Los Angeles è descritta fin nei minimi dettagli, è una delle protagoniste principali, nei suoi scorci bui e locali a luci a rosse, crando una grande atmosfera noir. Ovviamente a volte le sottotrame che impregnano la storia possono far sbandare la lettura, ma personalmente non mi è sembrato sgradevole, anzi. Il genere hard-boiled, di cui fu illustre rappresentante anche Spillane (vedi, ieri, Ti ucciderò), porta in scena la realtà cruda e nuda. Violenta e squallida. Descrive l’altra faccia dell’America, quella che stenta a sopravvivere, anche se abbagliata dalle luci di Hollywood. Noi oggi? Come siamo messi a descrizioni nude e crude della nostra società?