Invecchiare non è un accidente. È una necessità della condizione umana; ed è l’anima a volerlo. L’invecchiamento è inscritto nella nostra fisiologia; eppure, il fatto che la vita umana duri a lungo dopo l’età feconda e ben oltre il periodo di funzionalità dei muscoli e di acuità dei sensi ci rende perplessi. Per questo motivo si sente il bisogno di idee immaginative capaci di aggraziare il diventare vecchi e di parlare alla vecchiaia con l’intelligenza che essa si merita. Nel presentare il libro troverete appunto questo tipo di visione. Esso offre la promessa di dare refrigerio alla mente del lettore con una pioggia di intuizioni che mirano a influire profondamente, addirittura indelebilmente, sulla transizione di anni più tardi della vita.
Insomma, perché viviamo tanto a lungo? Gli altri mammiferi si danno per vinti, mentre noi andiamo avanti per quaranta, cinquanta, talvolta sessanta anni dopo la menopausa. A ottantotto anni, eccoci ancora qui, che tiriamo la carretta o indugiamo sulle nostre sdraio.
Incipit di La forza del carattere
James Hillman
Ammetto che di questo libro, per prima cosa, m’ha colpito la copertina. Da anni non vedevo una riproduzione del Dio creatore di William Blake e avevo dimenticato quanto fosse magnifico.
Poi m’ha incuriosito il tema del testo di Hillman, pubblicato nel 1999. Il carattere che si forma e si completa nella vecchiaia. L’invecchiamento che disvela il carattere ed è condizione necessaria perché il carattere si compia. Che formi ciò che resterà di noi dopo che ce ne saremo andati. Invecchiare quindi inteso come forma d’arte e non come condizione da odiare in una società pervasa dal culto della giovinezza. Un’età da riconsiderare e da apprezzare, descritta e rivalutata con stile e garbo anche stilistico in un libro che inaspettatamente mi ha preso per mano e non mi ha lasciato fino alla fine.