A sei anni, volevo diventare cuoco. A dieci, Napoleone. Da allora in poi le mie ambizioni sono sempre andate crescendo.
Stendhal racconta, da qualche parte, la storia della principessa italiana che, in una calda sera d’estate, assaporava voluttuosamente un sorbetto mormorando: «Quanto mi rincresce che questo non sia un vero peccato». Per me, a sei anni, qualsiasi cibo gustato in cucina costituiva un peccato. I miei genitori mi permettevano tutto, tranne l’ingresso in quella stanza.
Incipit di La mia vita segreta
Salvator Dalì
Testo autobiografico del 1942, uscito censurato a causa delle stravaganze dell’autore, solo negli anni ’90 ritroverà un’edizione reintegrata e completa. Dalì è un artista eclettico che scrive molto di se stesso e della sua pittura, ma è anche un uomo mefistofelico sempre controcorrente e che rende l’originalità il fine ultimo della sua esistenza, dato che l’originalità è l’espressione del genio come dichiara apertamente: “Questo libro testimonierà che la vita quotidiana di un genio, il suo sonno, la sua digestione, le sue estasi, le sue unghie, i suoi raffreddori, il suo sangue, la sua vita e la sua morte sono essenzialmente differenti da quelli della restante umanità.”
Personalità controversa che riuscì ad avere sicuramente molti estimatori, ma anche altrettanti detrattori, urtati dal suo istrionismo.