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Morte a venezia

Un pomeriggio di primavera di quell’anno 19.., che per tanti mesi mostrò un volto così minaccioso al nostro continente, Gustav Aschenbach o, come ufficialmente si chiamava dal giorno del cinquantesimo genetliaco, von Aschenbach, era uscito dall’abitazione in Prinzregentstrasse, a Monaco, pe una delle sue quotidiane passeggiate solitarie.
Nella sovreccitazione del lavoro mattutino, pesante ed insidioso, che proprio allora imponeva la massima sagacia, ponderazione, vigilanza e fermezza di volere, lo scrittore non era riuscito a moderare lo slancio creativo interno (quel motus animi continuus nel quale, secondo Cicerone, va cercata l’essenza dell’oratoria) neppure dopo il pasto di mezzodì; né aveva conosciuto il ristoro del pisolino, che il crescente logorio delle forze gli rendeva ogni giorno indispensabile.

Incipit di La morte a Venezia
Thomas Mann

Rileggendo testi come questi, pezzi di storia delle idee e dell’analisi della coscienza umana, si entra nel profondo mondo dei personaggi che raffigurano e dimostrano la difficoltà delle scelte della vita. Sono temi profondamente intensi, temi che parlano apertamente, senza false superstizioni e scongiuri contemporanei della morte, anzi discutono della paura della morte. E della profondità intensa dei sentimenti, destabilizzanti, sorprendenti, crudi e potenti. Mann analizza e ci restituisce un borghese terrorizzato dalla peste e da un ambiguo sentimento di omosessualità verso un giovane. Un uomo sulla cinquantina, professore apprezzato, approdato a Venezia per recuperare l’equilibrio, che si accascerà sulla spiaggia di Venezia, città d’arte e di cultura, per morire. Nell’ambientazione oscura di una moria per peste che evoca la tragedia della guerra mondiale imminente.
Libro per maturare, per crescere, per capire. Libro che pone domande alle quali ognuno dovrebbe poter rispondere.
Forse troppo lontano dalla capacità di comprensione dei lettori d’oggi, che amano la lettura d’evasione, la musica d’evasione, il cinema d’evasione….?

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