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La questione del metodo

Io, Jean Hennequin, Laureato, addì 3 aprile 1583, principio a riferire alcuni fatti avvenuti nel dicembre ultimo scorso a Parigi e che impressionarono assai gli animi. Talune circostanze note a me soltanto potranno interessare i lettori a venire. Vorrei anche contribuire a meglio conoscere il mio maestro Giordano Bruno, partito ieri per l’Inghilterra lasciandomi orfano di spirito e d’amicizia. I viaggi sono perigliosi, la Manica perfida, Londra – a quel che si dice – ostile agli stranieri e il mio maestro è di una rara imprudenza, quando non di una insigne goffaggine, che mi fa temere di non rivederlo mai più. Sicché tanto vale scrivere mentre ancora la sua voce è ben presente al mio orecchio e i fatti in questione vivi nella mia mente.

Incipit di La questione del metodo
Jaques Bonnet

Il premio Campiello 2014 è stato assegnato a ‘Morte di un un uomo infelice’ di Giorgio Fontana, che appartiene al genere giallo. Genere che ultimamente in Italia è diventato veicolo di divulgazione della nostra storia recente e delle variazioni sociali implicite in essa. Jac Bonnet invece è autore di libri d’arte ed editore che si è poi dedicato alla scrittura di romanzi iniziando proprio da ‘La questione del metodo’ uscito nel 2003. Che hanno in comune due autori così differenti come Fontana e Bonnet? Lo stesso metodo di divulgare le idee attraverso storie gialle. Infatti Bonnet ci racconta Giordano Bruno e del suo modo di indagare filosoficamente la realtà attraverso un’indagine per omicidio ambientata nel 1585 perché: «Un delitto è come un testo filosofico, va studiato seriamente. Bisogna tornare alle fonti, smontarne il meccanismo, sottoporlo a tortura, e rispettarne la coerenza. E’ quanto farò con questo massacro.»

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