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La regista di inganni

Dichiarandolo colpevole di undici omicidi nel tribunale di Alexandria, in Virginia, il giudice Nina Wolff aveva trattato con sprezzo e condiscendenza Kyle Craig, noto come Mastermind. O perlomeno così aveva pensato lui, che si era offeso e se l’era legata al dito.
«Nel corso della mia carriera non ho mai avuto a che fare con un essere più crudele e malvagio di lei, e le assicuro che ho avuto a che fare con numerosi…»
«Grazie, vostro onore» l’aveva interrotta Craig. «Sono lusingato da queste parole accorate e sentite. Chi non lo sarebbe? Questa è musica per le mie orecchie.»
Il giudice Wolf aveva annuito con calma ed era andata avanti come se Craig non avesse nemmeno parlato.

Incipit di La regista di inganni
James Patterson

Pubblicato nel 2011, presenta il personaggio del detective Alex Cross, che ha deciso di dedicarsi solamente alla psicologia, e della sua neo compagna Brianna Stone. L’antagonista è, come sempre, Kyle Craig, alias Mastermind, che sfugge da tempo alla cattura. Il libro fa parte di quel filone confezionato per accontentare il lettore. Non un romanzo dello spessore di quelli di Elizabeth George, dove tutti i particolari sono accuratamente studiati e l’indagine dell’animo umano è protagonista indiscussa. La trama di Patterson è prefabbricata e riproposta uguale. Cosa si impara da un autore così, allora? Molto. S’impara a scrivere in modo scorrevole e chiaro, s’impara a descrivere con mestiere. S’impara a creare mondi e storie, un po’ superficiali forse, ma che vendono anche 250 milioni di copie nel mondo. Secondo me qualche corda interna comunque riescono a toccarla, no?

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