Ho terminato, come previsto, la lettura del Campiello 2014: Giorgio Fontana ‘Morte di un uomo felice’ e ho trovato anche come mai la mia lettura s’intoppava.
Ho capito molto del libro leggendo un pezzetto della nota finale dell’autore: “Morte di un uomo felice” è stato scritto tra i primi mesi del 2012 e l’inverno 2013 – 2014, e ha beneficiato molto di alcuni ritiri in montagna a casa di mio zio (grazie). Il personaggio Giacomo Colnaghi è del tutto finzionale, ma parzialmente ispirato….”
Innanzi tutto ringrazio l’autore per avermi fatto conoscere il neologismo ‘finzionale’: Che propone tecniche e personaggi romanzeschi […] Già attestato nella Repubblica del 18 marzo 1993, p. 38, Spettacoli (volendo citare Treccani.it).
Purtroppo il romanzo, per quanto premiato ed elogiato, non è entrato nelle mie corde.
Ha inciampato proprio nel finzionale. Nel protagonista Giacomo Colnaghi finzionale. Talmente finzionale che al mio orecchio è rimasto solamente bidimensionale. Alla mia percezione non è arrivata mai l’anima del Colnaghi. Non sono riuscita a trovare la terza dimensione del personaggio, quella avvincente, quella che ti fa battere il cuore per lui. Non sono, nemmeno una volta, riuscita ad immedesimarmi in Giacomo Colnaghi, distraendomi in continuazione in sua presenza.
Mi spiace.
La mia impressione personale è che questo testo non andasse mescolato ad una storia gialla, o almeno non ad una storia gialla così sfumata e ineffabile, che di continuo perde il filo e così poco verisimile.
Forse il materiale poteva essere meglio utilizzato in un saggio sulla politica degli anni ’80 o sul dramma partigiano o sul terrorismo e il Colnaghi, pover’anima….E i suoi aiutanti?
Beh, non vado oltre. Sono sicura che esagererei.
Ci tengo, però, a sottolineare che il genere giallo ha le sue regole ben chiare e scritte. Non dovrebbe, quindi, esser pigliato in giro per raccontare altro, per quanto interessante e umanamente toccante questo altro possa essere.
Nessuna foto, nessuna citazione? Ebbene sì. Potrei essere mal interpretata!