La scala mobile sale al terzo piano tra scale che discendono, gradini che spariscono in alto tra le luci, pavimenti che si allontanano ai due lati, la folla che circola lentamente nel brusio.
«Ti piace?» gli chiedo in un orecchio, alle spalle.
«Sì» risponde senza voltarsi.
Aggrappato con la sinistra al corrimano di gomma, si lascia cadere indietro, sentendo che ho le braccia aperte.
Sto curvo in avanti per sorreggerlo. Quando arriviamo in cima e i gradini di ferro scompaiono nella feritoia, si arrovescia con le spalle.
«Non avere paura!» gli dico, sollevandolo a fatica perché non inciampi.
Incipit di Nati due volte
Giuseppe Pontiggia
Nel 2001 ‘Nati due volte’ vinse il premio Campiello. Narra la vita di tutti i giorni di un padre che vive con un figlio colpito da tetraparesi spastica. Pontiggia ci mette di fronte un’ineluttabile verità: ognuno fa fatica a misurarsi con l’handicap perché in questo modo ognuno deve confrontarsi principalmente con se stesso, confronto sempre molto difficile e faticoso. Così spesso ci si protegge con l’indifferenza o peggio ancora con l’insofferenza. Per comprendere appieno quindi credo che tutti dovrebbero leggere almeno una volta ‘Nati due volte’. Chi vuole dedicarsi al mestiere di scrittore almeno due volte.
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