Premio Pulitzer 2009, originale nella sua struttura è ‘Olive Kitteridge‘ di Elizabeth Strout che narra la vita di un paesino del Maine attraverso lo sguardo osservatore di un’anziana maestra che vede le persone cambiare e adattarsi nell’affrontare la vita, superando difficoltà e conflitti, paure e gioie.
La Strout riesce, analizzando a fondo la psicologia dei vari personaggi, a focalizzare l’attenzione sul paese di Crosby rendendolo quasi universale. Perché i problemi di fondo dell’essere umano rimangono tali in ogni angolo del mondo. Consigliato per chi desidera scrivere un romanzo con taglio particolare, a racconti staccati e conclusi, ma uniti dal filo conduttore del ricordo.
Tutti, comunque, possono leggerlo piacevolmente.
Tre ore fa, mentre il sole brillava fulgido tra gli alberi e lungo il prato sul retro della casa, il podologo della cittadina, un uomo di mezza età di nome Christopher Kitteridge, ha sposato una donna che viene da fuori e si chiama Suzanne. È il primo matrimonio per entrambi e la cerimonia è stata intima e piacevole, con una suonatrice di flauto e vasi di leggiadre rose gialle piazzati dentro e fuori della casa. Per ora l’educata allegria degli ospiti non dà segno di scemare e Oliver Kitteridge, ferma accanto al tavolo da picnic, pensa che ormai sia ora che se ne vadano tutti quanti.
Per tutto il pomeriggio Olive ha lottato contro la sensazione di camminare sott’acqua: un sentimento tetro e spaventoso, dato che in realtà non è mai riuscita a imparare a nuotare. Infilando il tovagliolo di carta tra le assi del tavolo da picnic pensava: va bene, ne ho avuto abbastanza. Abbassa lo sguardo per evitare di rimanere bloccata da un’altra insulsa conversazione, fa il giro della casa e varca una porta che dà direttamente dentro la camera del figlio.