Blog

Segnale_pericolo_streghe

 

 

Eclettico giornalista e scrittore, Peter Kolosimo (nato a Colosimi, Sila, Calabria) e figlio di un generale dei carabinieri e di una newyorkese, inizialmente si formò a Bolzano. Il che gli permise di esprimersi perfettamente in italiano, tedesco e inglese. Durante la seconda guerra mondiale inizialmente volle arruolarsi nella Wehrmacht, da cui disertò, divenendo partigiano in Boemia tra Pilsen e Pisek.
Fu inviato estero per L’Unità e poi divenne direttore di Radio Capodistria, incarico che perse per le accuse di simpatie filosovietiche. Negli anni ’60 si dedicò alla divulgazione scientifica, ma non solo: scrisse romanzi che riprendevano la grande voglia degli italiani di viaggi e di misteri e costruì narrazioni non definibili come fantascienza (scritte, quelle, con lo pseudonimo di Omega Jim), nei quali raccontò le sue storie fantastiche camuffate da saggi divulgativi, ottenendo un successo quasi mondiale e creando un fenomeno di costume.
Il suo libro che ho letto più volte è: ‘Polvere d’inferno‘.

Se Jean Goldberg avesse lasciato perdere quella ragazza, avrebbe fatto meglio. Ma era un giovanotto testardo, Jean Goldberg, e Sabine era molto bella. Troppo bella perché il nostro galletto del 1700 desse retta alle voci che correvano sul conto della «strega di Strasburgo». Una figlia del demonio? Sembrava proprio di sì. Nessuno lo sapeva quando Sabine era arrivata in città, nessuno l’aveva vista bambina, eppure lei affermava d’esser nata a Strasburgo. E nessuno aveva visto suo padre: era mercante, si trovava lontano, in oriente, diceva Sabine. E c’era anche l’incredibile faccenda di sua madre; raramente lasciava la casa, ma quelle poche volte sbalordiva tutti: la ragazza aveva diciotto o vent’anni, e la genitrice pareva averne al massimo quattro o cinque più di lei!
Che cosa si poteva pensare, alfine, di quelle due donne che uscivano la sera vestite da uomini, cavalcavano come uomini, s’incontravano la notte con altre donne abbigliate allo stesso modo e con sinistri personaggi indescrivibile al tenebroso Auberge du Cheval Noir? Naturalmente se qualche bravo cittadino avesse osato chiedere spiegazioni all’interessata, si sarebbe sentito consigliare di non bere troppo o di guardarsi dalle allucinazioni.
Jean Goldberg, però, non soffriva d’allucinazioni, e quella notte non aveva bevuto nemmeno un goccio. Era rimasto appostato nelle vicinanze dell’ Auberge du Cheval Noir, e quando aveva visto uscire dalla locanda due figurine troppo snelle e troppo aggraziate per essere maschili, le aveva seguite restando nell’ombra. E non si era sbagliato: dopo aver proceduto per un tratto lungo la via principale, i due «cavalieri» s’erano inoltrati sulla riva d’un canale, erano scomparsi oltre la porta d’uno più grandi «palazzi dei mercati»: appunto la casa di Sabine.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *