Sabbia nella gola, sole negli occhi, solitudine che ritma il battito.
Paura e disagio. Labbra aride, sul punto di spaccarsi.
Mi sono perso?
Perso?
So che qualcosa ho perso.
Sì, ho perso il mio rifugio, lungo questa pista di rena perenne, tra crepe di terra e sabbia sottile.
L’ho perso.
Un ricovero di cartoni usati, trascinati in queste lande dal vento furioso che impazza a volte.
Stavo al coperto, in qualche modo.
Cercando di far passare i giorni dell’attacco. Aspettando il ricorso del corso della storia.
Per non farmi sorprendere dalla morte organizzata, gestita dal Terrore, imposta dalla volontà altrui. Tempo addietro avevo infossato una larga tanica d’acqua.
Sentivo i tempi cambiare, l’ira salire.
La razionalità sfuggire.
Non avrei saputo dove altro andare. In quale altro posto del mondo mettere radici.
Come gli eremiti m’ero accasato in un rifugio di fortuna.
La mia casa finta, oltre le trincee degli uomini, gli odii degli uomini. Oltre la paura degli uomini.
Eppure la mia casa vera è appena lì, alle volte nel sole lucido del mezzogiorno la posso vedere.
Le han fatto cadere il tetto, ma è ancora lì.
Qualche volta ci passo, raccatto un ricordo, mi porto appreso una risata.
Dove son finiti tutti gli altri non lo so.
Striscio di notte lungo i muri della mia casa e sono invisibile.
Non incontro mai nessuno.
Non so dove siano. Non so dove sono.
Oggi non vedo la mia casa, quella vera.
Mi son perso?
Questo pezzo di deserto, m’ha fregato?
Mi sembra che tutto stia bruciando, la sabbia scotta e devo avanzare strisciando sui gomiti, per precauzione.
La sete mi tormenta, la lucidità m’abbandona a momenti.
Eppure son sicuro che qui vicino c’è il rifugio di un altro essere umano.
Perché non lo trovo?
Mi sembra di vederlo, tra le dune.
Mi sembra di sentire un leggero rumore di scavo.
Ma non lo raggiungo.
Non ci riesco, eppure cammino e striscio da ore!
Mi sembra proprio lì, appena lì. Vicino.
E non lo raggiungo.
Se allungo la mano avanti, l’indice puntato, un occhio chiuso, come a mirare: eccolo là!
Mi sembra di poterlo toccare.
Ma non lo raggiungo.
Sono stanco.
Sono assetato.
Voglio arrivare al mio rifugio o a un altro rifugio!
Un guizzo potente di rabbia e mi alzo in piedi.
Lo vedo bene adesso.
Non è un rifugio piccolo.
È un’oasi, grande. Con le palme chine e le foglie verdi contro il cielo azzurro.
Per sicurezza mi sdraio e avanzo ancora sui gomiti.
Adesso ho visto bene. So dove dirigermi.
Ma c’è così caldo!
Non è lontano.
Ma fa caldo.
Mi fermo un attimo qui.
Solo un momento a riposare, a raccogliere le forze.
Chiudo gli occhi solo un secondo.
Ah, sabbia morbida, morbida, morbida….