Da dove partiamo?
Suggerirei dalla sigla. Sulle frizzanti note di Douglas J. Cuomo, vediamo Sarah Jessica Parker – ma presto scopriremo che nella fiction si chiama Carrie Bradshaw ed è una giornalista – che, con un sorrisetto furbo e gli occhi curiosi, passeggia per New York. Carrie si guarda intorno, guarda all’insù: il cielo è sempre più blu, gli edifici sono quelli da cartolina e le strade sono piene di macchine e taxi gialli e fin qui, tutto bene. Poi d’un tratto, la ruota di un autobus entra in una pozzanghera e schizza la povera fanciulla che resta a bocca aperta. Stacco: sulla fiancata dell’autobus incriminato una sua immagine accompagnata alla scritta Carrie Bradshaw knows good sex pubblicizza gli articoli che Carrie scrive settimanalmente sul New York Star, appunto nella rubrica Sex and the City.
Incipit di Sex and the City e la filosofia
Carolina Barbiero
Mi piace questa filosofa che riesce a trovare il metodo utilizzato da Platone nei Dialoghi e l’elemento fondamentale di Socrate: l’ironia, nelle chiacchiere ancheggianti sui tacchi a spillo delle amiche della serie televisiva più amata dalle donne e a trasformare il tutto in un bel saggio di filosofia. L’autrice riconosce che il continuo rincorrersi, in ogni puntata, di domande e riposte riconduce a Platone e al suo metodo d’indagine: poni buone domande e avrai fornito all’interlocutore il modo per trovare le risposte. Ma cita anche Plutarco e Hobbes fino a Locke.
Come preannuncia il risvolto di copertina l’età dell’anti-innocenza è cominciata anche per la filosofia. Piacevole, utile e divertente.