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stagioni

Sono nato alle soglie dell’inverno, in montagna, e la neve ha accompagnato la mia vita. All’asilo infantile le suore ci avevano insegnato una canzoncina che diceva di un bambino che dormiva in una culla e di una vecchia che cantava, il mento sulla mano: «…Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.| La neve fiocca lenta, lenta, lenta». Scopersi molto tempo dopo che era un sonetto del Pascoli.
Alle scuole elementari il maestro Marcant ci faceva cantare: «Sui lucenti e tersi campi del nevaio sconfinato | Sorridenti al nostro fato…», che nella Grande Guerra era stato l’inno degli alpini sciatori.

Incipit di Stagioni
Mario Rigoni Stern

Stern racconta la sua vita descrivendo piccoli episodi della giornata montana e grandi dirupi dell’animo umano trasformati nei giorni della campagna di Russia e del lager. Ogni fatto, quotidiano semplice e pacificante, ha lo stesso peso dei drammi al limite della tollerabilità, perché ogni passo fa il cammino. Descrive il cadenzato passare delle stagioni, ritmato dalle tradizioni, dagli uomini, dagli alberi che cambiano e dalla terra che da il meglio di sé. Stern osserva il suo mondo, a volte malinconico, a volte divertendosi e ci regala la testimonianza di un mondo che con lui rivive.

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