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Tre racconti, ‘Storie di padri e figli‘ di Manuel Vázquez Montalbán, con protagonista Pepe Carvalho, l’investigatore privato che brucia i libri che non gli vanno e ama una prostituta. Racconti, dicevo, uniti dal tema dei rapporti padre – figlio e madre – figlia. E Montalbán diventa quasi freudiano nel raccontarci di un padre padrone che tenta di guidare il destino del proprio figlio per fargli seguire le proprie orme quasi passo a passo. Oppure di come un adolescente riesca a proteggere un padre fallito in ogni aspetto della sua vita. Il rapporto madre – figlia infine è la storia di una contorsionista che sparisce e della madre che assume Pepe per ritrovarla. Con lo spirito che contraddistingue il personaggio e la bravura descrittiva di Montalbán. Con le storie che sono sempre più profonde di quel che Pepe sembra poter reggere… e, per fortuna, c’è Biscuter!!!

“Biscuter, non trovo Bromuro.”
“È malato, capo.”
“Malato? Che cos’ha?”
“Il dottore dice che ha il fegato come un hamburger, ma lui assicura che si tratta di un’infezione.”
“Un’infezione?”
“Dice che la colpa è tutta del padrone del Toni’s Bar, che serve un’acquavite fatta con acquaragia; Bromuro è suonato come una campana, capo.”
“Dove abita?”
“In una pensione di calle Conde del Asalto. È tutto quello che so. Dalle parti di Peracamps, mi pare. Non ha appetito, capo?”
“Non ho neanche voglia di cucinare.”
“È malato, capo?”
“Sono stanco… e disorientato. Oggi che hai fatto, Biscuter?”
“Degli spaghetti ‘alla checca arrabbiata’, che come indica il nome sono in grado di sollevare il morale a un argentino. Semplice. Molto olio, aglio e peperoncino. Nell’olio si mette del pomodoro spezzettato, ma solo per affogarlo un po’. Si mescolano gli spaghetti con erbe aromatiche e si ripassano nella salsa che ho detto. Parmigiano, e in tavola.”
“Si possono riscaldare?”
“Riscaldati sono la fine del mondo, capo.”

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